Liberi di

By on Apr 18, 2018 in Contemporaneità

Vero, falso o, peggio, verosimile. E’ il tema di “Liberi di crederci” (W. Quattrociocchi, A. Vicini, Le Scienze) un agile quanto raccapricciante libretto che tratta di informazione, internet e post-verità; raccapricciante perchè pare non ci sia difesa né speranza alcuna; tralascio la spiega del perché e vado ai risultati: non servono accurati fact-checking né tantomeno defatiganti debunking. Chi è convinto della “sua” verità cotta e mangiata quotidianamente nell’echo-chamber in cui si è rinchiuso, non avrà dubbi. Che si tratti di conformazione del globo terraqueo, di sementi mutate geneticamente, di vaccini o di trasporti ferroviari, nessuno (o quasi) muterà idea. L’effetto della disintermediazione, un bel casino di suo, è moltiplicato dall’analfabetismo funzionale. La scala UE di comprensione di un testo va da 1 a 5. La brutta notizia è che l’adulto italiano si colloca al secondo gradino. Quella bruttissima è che il 27,7% è al livello 1. Il risultato è che 42% dei nostri connazionali è sotto la media UE. Penultimi in classifica, davanti solo alla Spagna, olè.

E’ nato prima l’uovo o la gallina? Sono i giornali pensati e fatti sempre peggio i responsabili dell’ignoranza dilagante? Arduo quesito: non siamo mai stato un popolo di lettori. Le vendite dei giornali italiani sono passate da quasi sei milioni a meno di tre (2000-2016). Ovvero, leggevamo poco ieri e leggiamo ancor meno oggi, i giovani in particolar modo. La fonte di “informazione” è il web e ancora la televisione. Purtroppo, sempre secondo Quattrociocchi, a più del 50% degli utenti del web è accaduto di dare credito a notizie false circolate in rete.

Chi ha perso più vendite e quante? Lo specchietto che leggete in allegato (spettacolo ideale per gli amanti dell’orrido) l’ha pubblicato su Faccia-libro settimana scorsa @Nicola Borzi, giornalista de “Il Sole”; credo renda perfettamente lo stato di marginalità e inconsistenza delle nostre più prestigiose testate che, oltre a rincorre in una gara al ribasso i social, quando prendono cantonate (pare capiti abbastanza spesso) si guardano bene dallo smentire come ben semplifica “Liberi di crederci”. Poi ci sono le tv, i finti servizi giornalistici (Iene docet) le storie bislacche (i suicidi indotti degli adolescenti) e i talk-show dove più nessuno talka e tutti urlano.

Giudizio o pregiudizio? Poiché pare che combattere contro il pregiudizio di conferma sia inutile (secondo i cognitivisti Mercier e Sperber è il cuore del ragionamento umano) che dobbiamo fare o, meglio, augurarci? A cavallo tra Cinquecento e Seicento avvenne una piccola glaciazione che diede l’avvio a una vera e propria “rivolta della natura” con effetti devastanti sui raccolti. E’ il tema di un saggio (“Il primo inverno”, Marsilio editore) nel quale lo storico delle idee Philipp Blom analizzando le ricadute culturali dello sconvolgimento climatico in Europa teorizza la correlazione tra questa circostanza e la nascita dell’Illuminismo. Ma anche il clima temo ci sta dando torto.

 

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